giovedì 31 dicembre 2009
Il bello di ogni giorno
La sveglia non ha suonato. Pazienza. Anche se siamo in ritardo ormai non arriveremo più in tempo all’appuntamento con i nostri eterni impegni. E allora tanto vale crogiolarsi ancora un po’ rannicchiati nel tepore delle nostre materne lenzuola. Fuori piove, tira un forte vento e da qualche giorno fa molto freddo. Dall’esterno ci giungono i rumori frenetici della vita che beatamente ascoltiamo passivi e ci godiamo gli infiniti ultimi attimi del risveglio benedicendo l’esistenza che ci rende ancora protagonisti di un'altra opportunità. Oggi sarà comunque una bella giornata. Mentre aspettiamo che sia pronto l’immancabile caffè ci accorgiamo che anche il cellulare è spento e ci viene in mente che la sera prima non ci siamo ricordati di metterlo in carica. Poi, glorificando la nostra dimenticanza, sorridiamo perversi al pensiero di quanti ci abbiano insistentemente cercato. Lentamente e con un certo disorientamento cerchiamo il carica batterie che, come al solito, non riusciamo a trovare e che, guarda caso, è sempre nel solito posto. Infine, con una lenta e piacevole indolenza, decidiamo di procedere verso i soliti preparativi mattutini consapevoli che oggi è già una bella giornata. Così, pigramente, usciamo di casa. I primi passi nella selvaggia realtà della metropoli ci vedono subito impegnati nel dispensare sorrisi gratuiti a chiunque che, ovviamente mal compresi dal comune Homo Esauriticus,vengono immediatamente equivocati con il fine ultimo di provocare in noi una violenta reazione e che soprattutto ponga termine alle nostre buone intenzioni. Così, pensando di soddisfare la nostra sete di aggressività, ci invitano in ogni modo a sfogare i nostri istinti più animaleschi e a palesare alla comunità tutta il nostro condiviso disagio. Ma oggi è proprio una bella giornata. Il suono nevrastenico dei clacson, il rombo continuo di ogni genere di veicolo, le voci stridule dei pessimisti di natura e il cronico ritardo attendono solo di dare il giusto appiglio alle nostre frustrazioni esistenziali. Però oggi non vogliamo pensarci, oggi no. Con la dovuta serenità saliamo sul primo autobus che passa, anche lui in regolare ritardo, e nonostante non sia più l’ora di punta lo troviamo insolitamente pieno. Appena dentro ci accorgiamo immediatamente che l’aria che si respira è particolarmente nervosa, anche se per un lunghissimo attimo veniamo distratti dall’olezzo inconfondibile di uomo non lavato che invade le nostre narici. Pazienza continuiamo a ripeterci, tanto scendiamo tra poco, quand’ecco che alla nostra irresponsabile domanda, “ mi scusi, scende?”, detta al tizio davanti alla porta d’uscita, questi, giustamente seccato, ci risponde di farci gli affari nostri senza naturalmente dimenticare di apostrofarci con vari e coloriti turpiloqui. Ma oggi è sicuramente una bella giornata. Si aprono le porte e nello scendere il solito spiritoso che deve salire si frappone tra noi e la strada perché dice è nei suoi diritti salire sul mezzo pubblico prima di aver fatto scendere i passeggeri. Quindi, sempre con il nostro solito ed inadeguato sorriso, decidiamo che prima di andare in ufficio possiamo anche concederci il lusso prenderci un buon tramezzino e un bicchiere d’aranciata che rientra perfettamente nello spuntino di mezza mattina. E poi oggi sarà sicuramente una bella giornata. Entriamo in un bar portandoci appresso il nostro proverbiale buon umore e alla cassa una bionda e stagionata cassiera, non ritenendo opportuno ricambiare il nostro “buongiorno”, si limita a dirci il prezzo delle consumazioni senza neanche degnarci di uno sguardo. Il barista invece, pur osservandoci attentamente e chiaramente disprezzando il nostro immotivato sorriso, ci costringe a ripetere più volte la nostra ordinazione ed infine, invitandoci a stare calmi, si prodiga molto lentamente e con continui borbottii a servirci il nostro spuntino che già dall’aspetto non lascia presagire nulla di gradevole. Con una certa riluttanza addentiamo il nostro pasto che fin da subito il nostro palato ci comunica essere vecchio e stantio, né ci aiuta l’aranciata che dal colore giallino e privo delle desiderate bollicine tenta di stimolare il nostro nervosismo. Ma neanche questo scalfisce la nostra voglia di felicità, oggi è già una bella giornata. Il più è fatto e quindi decidiamo malvolentieri di recarci nel nostro angusto posto di lavoro. Adesso possiamo anche accendere quel fastidioso oggetto che ormai contraddistingue la nostra vita. Non facciamo neppure in tempo a trovare campo di ricezione che subito inizia a squillare e vibrare nervosamente. “Chi sarà?” ci chiediamo ma poi indifferenti rispondiamo al disturbatore di turno con la nostra solita pacatezza. Aldilà della linea riconosciamo istantaneamente il sibillino vociare della nostra adorata compagna che, senza darci l’occasione di rispondere nemmeno un cortese “buongiorno amore”, ci invade repentinamente di petulanti domande, accuse e richieste multiple. Ma noi, saggiamente, sappiamo che questa è una bella giornata. Limitando le nostre risposte a dei semplici “si tesoro” interrompiamo la conversazione consapevoli che l’aggressione continuerà nella serata non appena ci troveremo di fronte alla amata donna della nostra vita. Poi mettendo da parte inutili ed incompresi sentimentalismi avanziamo sicuri nel paradiso dei nostri opprimenti doveri. Varchiamo la porta dell’azienda che si degna di fornirci un indegno lavoro sempre ingenuamente sorridenti e senza abbandonare la speranza che ci alimenta. Però non facciamo neppure un passo nell’antro minaccioso dei nostri incarichi che una tempesta di improperi ci si scagliano addosso portati dai nostri lillipuziani superiori che tentano di compromettere la nostra incrollabile certezza. Ma noi siamo sicurissimi: nonostante tutto oggi è veramente una bella giornata. Così, tranquillamente beati, ci tuffiamo con la dovuta calma a svolgere le nostre mansioni con l’unica prerogativa essenziale di riconoscere la felicità laddove si nasconde. Non è certo un lavoro che ci soddisfa il nostro, né professionalmente né tantomeno sul profilo economico ma almeno ci dà la gioviale soddisfazione di sopravvivere di magre consolazioni. La vita ci sorride malgrado tutto e sebbene la società che ci avviluppa soffocandoci stia cercando di annullare il nostro spirito con continuità indefessa, oggi è giorno di busta paga e quindi avevamo ragione: oggi è una bella giornata. Il lavoro presto giunge al termine e i nostri sorrisi ormai non si contano più, allora prima di lasciare l’ufficio passiamo un attimo in amministrazione a prelevare il nostro, probabile, meritato stipendio. La segretaria generale dell’azienda ci accoglie con il solito cipiglio che ben conosciamo, caratterizzato com’è dal disprezzo che da sempre dimostra nei nostri confronti di precari sfaticati, e sarcastica ci porge il nostro miserevole bottino. Scorgiamo la cifra lentamente così come farebbe un giocatore di poker e sgomenti, ma sempre col sorriso sulle labbra, chiediamo le debite spiegazioni sul perché il nostro già magro stipendio si sia ridotto ulteriormente. Lei ci guarda nauseata e frettolosamente e con un tono che non ammette repliche ci comunica che in base alle nuove politiche del Welfare, le detrazioni a nostro carico sono aumentate per consentire alla Nazione di aiutare i più bisognosi. “Inaudito!”, pensiamo mentre mestamente ce ne torniamo a casa imprecando e bestemmiando. “I ricchi che tassano i poveri per aiutare i più bisognosi è una cosa che ci fa veramente incazzare!!” Questa inutile giornata di merda!
Maurizio Mura
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