lunedì 4 gennaio 2010

La dittatura della speranza


Viviamo tempi caratterizzati da innumerevoli incertezze che rendono il nostro già faticoso cammino ancor più instabile ed improvvisato. Chi ci ha preceduto non ha avuto certo una sorte migliore, anzi, fin dalla notte dei tempi delle società le uniche certezze dell’animale che si autodefinisce uomo sono state la precarietà della vita e la consapevolezza inevitabile della fine imminente. L’evoluzione della specie ci ha portato in dono una labile coscienza che lentamente e con assoluta costanza si è impadronita dei nostri bisogni ancestrali e li ha tramutati in esigenze essenziali. Così ci siamo via via trasformati in esseri pseudo-pensanti che pretendono la speranza nel futuro per costruire la vita migliore e nel frattempo abbiamo dimenticato e sminuito l’unica sicurezza che l’esistenza stessa da sempre ci offre, ossia vivere comunque un magico presente. Progredire umanamente avrebbe dovuto portare alle nostre facoltà mentali innumerevoli vantaggi da poter sfruttare in maniera oculata e consistente per migliorare quella che ormai è diventata solo una pretenziosa coscienza. Invece, l’avidità che alberga ormai stabilmente nei nostri pensieri domina incontrastata la quotidiana richiesta delle nostre presunte necessità. Dal primordiale diritto insindacabile di una speranza in una vita più comoda ci siamo progressivamente specializzati diventando dei veri professionisti della speranza. Ripudiando l’originaria filosofia umanistica, i nostri attuali sforzi sono esclusivamente, salvo qualche rara eccezione, ad indirizzo consumistico e quindi economico. Tutti i nostri più entusiastici pensieri sono fermamente orientati da un rigido paraocchi verso la speranza del sempre più pressante ed effimero successo personale. Verso quell’automobile che ci hanno imposto di sognare da quando eravamo bambini, verso i finti ideali dei fisici scultorei propinati di continuo come se fossero l’unica ed eterna verità, verso improbabili trasgressioni che invariabilmente ne alimenteranno ancora altre che nulla hanno di trasgressivo, verso quell’opportunità di differenziarci soltanto per renderci sempre più del tutto simili, e verso quell’oblio di assuefazioni che ci lascia dimenticare ogni valida alternativa. Siamo ormai così dipendenti dalla speranza in un domani immaginario da non accorgerci che anche oggi abbiamo sprecato la possibilità di vivere con gioia ogni importantissimo attimo. Però fosse solo perché siamo ancora vivi, fosse solo perché seguitiamo ad amarci e a sognarci e fosse solo perché dovremmo rispettarci che abbiamo il dovere di essere soddisfatti e sorridenti per quel che realmente rappresentiamo: l’umanità. Semplici e allo stesso tempo complesse forme di vita che fanno delle loro menti un uso indipendente ed organizzato al solo scopo di soddisfare quelli che sono diventati più che altro dei capricci travestiti nelle nostre innumerevoli speranze. Ma siamo sempre in tempo, volendo, a detronizzare questa dittatura, basterà amare di più il nostro presente così come viene e dimenticarci finalmente di un arrogante futuro su cui non possiamo affatto contare. Oggi noi siamo su questo pianeta solo per noi, per voi, per loro e per tutti quelli che hanno smesso di sperare perché amano la vita più della speranza e sono soddisfatti così. La vita è un privilegio e lo sarà sempre. Speriamo.

Maurizio Mura

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