mercoledì 25 febbraio 2009

Baracca e Burattini


“ Venghino, Siore e Siori. Venghino tutti all’ultimo, favoloso spettacolo della Compagnia dei burattini P.D.. I nostri Pupazzi Dinamici vi faranno divertire con le loro capriole politiche, con tantissimi scherzi istituzionali, con la comicità dei loro buffi litigi, con la bravura interpretativa della loro recitazione d’interesse sociale e per il gran finale pirotecnico di patetiche esplosioni di retorica, in un meraviglioso scenario di ipocrisie umane mai prodotto prima. Forza Siori, che andiamo a chiudere. Non perdetevi l’ultima opportunità di vedere da vicino tutti i protagonisti del fantasmagorico mondo del P.D.. Venite, venite numerosi a salutare i vostri Pupazzi Dinamici, loro vi accoglieranno con le dovute e distaccate maniere e, in vista delle prossime elezioni europee, forse si sacrificheranno per voi rimettendo in scena la stessa pantomima che li ha caratterizzati in questi anni di luminosi successi bui. Fate presto, Siori, e i nostri incredibili Pupazzi Dinamici vi accoglieranno tragicamente festosi con i loro canti stonati, privi di qualsiasi riferimento armonico che vi possa garantire la minima solidità umana. Chiamate i vostri parenti e amici e fate partecipare anche loro alla definitiva consacrazione del fallimento della Compagnia amatoriale del P.D., I Pupazzi Dinamici sono già in movimento per ricreare quella magica atmosfera di inutilità, che li ha contraddistinti in questa epoca di premiate delusioni. Non perdetevi l’estrema e definitiva occasione di farvi illudere da chi ha tratto piacere e guadagno dalle mancate promesse organizzate ai vostri danni, al medesimo fine. Non lasciatevi scappare questi meravigliosi burattini perché non è detto che ritornino e, nel malauguratocasoquasicerto lo facessero, non troverete più la stessa capacità inconcludente dei nostri presuntuosi Pupazzi. La Compagnia si scioglie e il nostro miglior Pupazzo-interprete, il burattino Walter il coraggioso, ha reciso i fili che muovevano lui e tutti gli altri Pupazzi e da consumato attore quale è stato, fugge a gambe di legno levate, verso il suo dorato deposito di Pupazzi Dinamici, per preparare l’inceneritore di quanti, e sono molti, lo seguiranno. Affrettatevi, Siori, che lo spettacolo è già terminato e molti ne saranno esclusi, perdendosi per sempre l’entusiasmante suicidio del P.D. che tutti stavano aspettando. La Compagnia dei Pupazzi Dinamici vi offrirà, Siori, le mirabolanti presunzioni del burattino Massimo il traditore, pianificate per contendersi gli avanzi ormai decomposti del P.D. con i suoi più fidati nemici. Scoprirete quali trappole sono già state disposte per acciuffare il segaligno burattino Piero l’inutile ed il Pupazzo Francesco il beota, dalla ineguagliabile testa vuota; quali mille astuzie puerili si stanno preparando per poter dare un ruolo definitivo al capo delle comparse di Compagnia e Questore di scena Antonio l’incomprensibile, Pupazzo fondatore della cooperativa I.D.V. Idioti Dinamici Vendicatori. Accorrete numerosi Siori, che il nuovo capo comico, il provvisorio Dario il proto-democristiano, sta per dare vita a un nuovo spettacolo già destinato a rimanere, nella storia della Repubblica dei Pupazzi, come un ultimo ed inutile tentativo di poter rappresentare i loro Automi Votanti nei teatrini della nazione. Venghino. Venghino, Siore e Siori a vedere i nostri Pupazzi Dinamici e potrete dire, finalmente soddisfatti: < Questo spettacolo l’ho scelto, l’ho pagato e ho vomitato. Maledetti Pupazzi Dinamici, io vi ringrazio. >. Venghino, Siori, venghino, chiedete pure di me, il produttore di Baracca e Burattini, e i nostri soci vi faranno ottenere poltrone coperte, posti in prima fila e pop corn a volontà. Chiedete di S.B. e io che sono unico, l’inimitabile, l’invincibile, Super Burattinaio, vi riserverò dei fili personalizzati e gratuiti che tutti vorrebbero avere. Venghino, Siori, venghino…”.

Maurizio Mura

domenica 22 febbraio 2009

Diritti e Dritti


All’articolo numero 1 la costituzione italiana “recita” così: < L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro.> Almeno sulla carta.
Però un appunto ai “padri” fondatori della costituzione sarebbe il caso di farlo. Perché l’aleatorietà di questo articolo, così fondamentale in una sana ed onesta Repubblica, stride nettamente con la manifesta impossibilità del nostro territorio di produrre e garantire occupazione ai suoi cittadini. E’ inquietante pensare che si possa legiferare a favore di tematiche socialmente giuste ma dall’attuazione difficoltosa, se non assolutamente irrealizzabile. Da apprezzare certo il tentativo di spingere propositivamente la nuova “democrazia”, nata sulle ceneri fumanti della dittatura, verso la cultura del diritto e del rispetto dell’umanità tutta. Almeno sulla carta. Già, perché se l’istruzione del diritto è stata imposta “democraticamente” ai nostri padri, così non è avvenuto purtroppo nell’insegnamento del rispetto dei doveri, lasciato “democraticamente” all’onestà dei singoli cittadini-lavoratori che, memori dei loro trascorsi fascisti, hanno continuato e continuano ancora a farsi beffe di quell’onestà morale non contemplata dalla nostra giovane ma già preistorica costituzione. Eppure le regole che abbiamo voluto erano e sono tutt’ora valide, anche se difficilmente applicabili, e gli strumenti di tutela messi a disposizione del popolo dagli illuminati ma romantici costituzionalisti, presto si sono rivoltati contro lo stesso popolo, penalizzando di fatto chi di quella costituzione s’era creduto beneficiario. Il tutto almeno sulla carta. Difatti, per poter essere perseveranti fino in fondo, uno di questi strumenti a doppio taglio è il famigerato e mai troppo compreso “diritto di sciopero”.
Perché all’articolo 40 troviamo scritto così: < Il diritto di sciopero si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano.> Sempre sulla carta.
Ora, senza voler tediare nessuno, me compreso, in azzardate considerazioni sulla validità di queste italiche regolamentazioni, almeno una breve riflessione sulla gestione “democratica” di questi diritti dei presunti lavoratori, sarebbe il caso di farla, anche solo per tentare di resuscitare in noi neuroni prematuramente scomparsi. Da numerose stime precedenti, l’ultima a luglio 2008, risulterebbero essere il 37,1 % i dipendenti pubblici che, così come cita la costituzione, non < svolgono secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.> Quantomeno sulla carta. Poniamo ora in essere l’ipotesi che queste valutazioni statistiche abbiano una validità reale, a mio avviso per difetto, mettiamo pure che il pessimismo dei realisti e la faziosità degli analisti di settore strumentalizzino la libertà dell’opinione pubblica nel giudicare il malcostume che, ormai radicato, attanaglia la nostra Nazione, insomma valutando ogni presunta responsabilità dei presunti parassiti dell’amministrazione pubblica, non vogliamo e non dobbiamo dimenticare che, accettando a priori queste indagini, il 62,9 % dei dipendenti riconducibili allo Stato, a mio avviso per eccesso, svolge il proprio lavoro con presunta coscienza. Quindi sulla carta. Ma rivolgendo lo sguardo verso i diritti, un anomalia istituzionale evidente non dovrebbe passare inosservata. Difatti, sottolineando questa campanilistica incongruenza, verrebbe spontaneo domandarsi il perché uno Stato dovrebbe dare il diritto di sciopero a dei lavoratori che non svolgono il proprio lavoro. E’ come dare un premio a chi non ha partecipato, una medaglia al valore militare a chi non ha combattuto, una cattedra a chi non ha studiato, la patente a chi non ha guidato e potrei continuare all’infinito se mi guardo intorno. D'altronde è normale aspettarsi numerosi paradossi sociali se anche l’impianto sindacale è rivolto solo ed esclusivamente nella difesa dei loro pagatori associati, senza minimamente porsi la causa morale di tutelare e pretendere prima il rispetto dei doveri di chi “lavora”, indipendentemente dal beneficio che l’organo associativo ne ricavi. Ed è qui che il paradosso si compie in tutta la sua stravagante bellezza moderna. Lo Stato fornisce ai cittadini lo strumento dei diritti che verranno sistematicamente utilizzati contro lo Stato, a volte anche dallo Stato stesso. Perdonate lo scioglilingua. Ricapitolando, stiamo vivendo in una Nazione in cui tutto lotta contro la Nazione, con leggi inattuabili, con diritti incontrollabili, con l’ignoranza dei doveri civili, con l’abbandono delle educazioni sociali, con l’inconsistenza degli organi politici e basta, che se no. Viviamo sotto la minaccia di continui scioperi della sanità! della scuola! dei trasporti! degli aerei! dei ricercatori! gli anestesisti!! delle poste!!! Ma abbiamo i nostri diritti e sappiamo che è giusto. Sappiamo che noi difendiamo i nostri diritti. E poi sappiamo che se andiamo all’ospedale troveremo il rispetto dei nostri diritti, anche perché ci lavora un’amica mia, e che se andiamo a scuola troveremo il rispetto dei nostri diritti in un ambiente adatto all’istruzione, tanto ci lavora mio padre da una vita, e se prendiamo i mezzi pubblici troveremo il rispetto dei nostri diritti respirando meglio ed arrivando puntuali e rilassati, anche perché mio cugino che guida la metropolitana mi fa entrare in cabina, e se prendiamo l’Alitalia troveremo il rispetto dei nostri diritti volando meglio che nelle altre compagnie perché i piloti sono i più pagati, avevo fatto una richiesta di assunzione ma non me lo potevo permettere, e se andiamo dai sindacati troveremo il rispetto dei nostri diritti e una pronta disponibilità ad intervenire, tanto pago tutti gli anni la tessera associativa, e se andiamo... Ma dove diavolo andiamo?! Tanto è tutto sulla carta. Una carta che è la più importante del gioco costituzionale che ci unisce, almeno sulla carta, che ognuno di noi possiede e che appena può è pronto a rinnegare. Si può anche manifestare o scioperare contro questo o contro quella, è un diritto, ma solo nei giorni feriali e se non piove; si può scendere in piazza tutti uniti per la pace e magari tirare anche qualche molotov se è nei giorni pagati e ci uniamo agli studenti che non sono andati a scuola, e siamo pronti a mettere l’embargo per i paesi aggressori se la guerra non viene di natale o capodanno o ancor peggio alla befana che ci sono i regali. Presto saremo pronti, pronti ad abbandonare l’articolo 1 per usufruire dell’articolo 40 per difendere quelle popolazioni che non sono fortunate come noi che possiamo sempre nasconderci dietro i nostri diritti. Faremo barricate per difendere i diritti di tutti, e magari pure di Totti, purché però non ci sia di mezzo una partita, una domenica, una festività. Presto. Appena tornerà il seme malefico del dovere a battere sulla nostra coscienza useremo il Jolly dei nostri diritti, cosicché da lavoratori ci si trasformeremo in dritti.
Ma solo sulla carta.


Maurizio Mura

sabato 21 febbraio 2009

Il futuro negato



- Cosa vuoi fare da grande? – ci chiedevano genitori e parentame vario fino a qualche tempo fa. Ognuno rispondeva seguendo le proprie inclinazioni e desideri, sospinto anche dalle sempre più pressanti influenze mediatiche che già in tenera età ne ingigantivano le presunte, indispensabili esigenze materiali. Cosicché anche le risposte in merito a questa quasi inutile domanda, assumevano varie forme e colori a seconda dei costumi in voga negli anni della nostra illusa infanzia.

- L’astronauta! – rispondevamo spalancando gli occhi di fronte alle immagini di Armstrong che volteggiava tra lo spazio e il suolo lunare. Visioni galleggianti che hanno segnato il nostro futuro procrastinandone i desideri, che a qualunque costo credevamo, presto avremmo soddisfatto. Così ci siamo organizzati per variare di volta in volta i nostri sogni, ingannando l’evidenza della realtà con la forza dell’incoscienza giovanile. Abbiamo passato indenni e per fortuna gli anni della contestazione politica che solo strumentalmente fu giovanile, dirigendo le nostre speranze verso equivoci paradisi sportivi, abbagliati da un tubo catodico che ne ingigantiva gli eroi rendendoli falsamente divini. Eravamo già cresciutelli, ma nulla ci vietava di voler diventare Paolo Rossi, anche se era chiaramente evidente che, per i nostri piedi di piombo, non lo saremmo mai stati. Pertanto abbiamo optato nel volerci riconoscere a tutti i costi con i nostri beniamini musicali, assumendone atteggiamenti e costumi che palesemente non ci appartenevano se non per poter rispondere convinti alla solita, insulsa domanda.

- La rockstar! – dichiaravamo enfatici e dimenticanti della nostra stridula verità di essere stonati financo nel battere le mani. E intanto gli anni passavano e noi sempre lì a cercare qualcosa in cui riconoscerci per poterci aggrappare le nostre tardive speranze. D’altronde eravamo ancora in età scolare, e quindi giustificati nelle nostre boriose ambizioni, che documentavamo grazie alla raggiunta età della ragione che ci dava il supremo diritto di non ragionare affatto. Era il tempo della prepotente sicurezza di avere le idee chiare, salvo angosciarci nell’intimo se la stessa e insistente domanda ci veniva posta non più come senso interrogativo dovuto alla curiosità, ma dal pressante bisogno di un indirizzo certo che garantisse la nostra sopravvivenza futura. Ed è in questo periodo che la contestazione a priori possedeva il nostro spirito facendoci rispondere di tutto ed il suo contrario, passando velocemente dal politico al sindacalista, dal pacifista al terrorista, per poi finire nella convinzione del menefreghista. Poi giunse il momento in cui le domande che ci porgevano gentili coloro che cercavano di preoccuparsi per noi, non raggiungevano le nostre occluse orecchie in cui rimbombavano ancora le nostre sicure insicurezze di non aver nulla da fare. Quindi, trascinati volentieri dalla nostra stessa indolenza, ci tuffammo a tutto corpo nel malsano regno dell’assurdo per tentare di lavare nell’oblio dell’inconcludenza i nostri sogni infranti.

- Il miliardario! – affermavamo convinti che il biglietto dell’ennesima lotteria, acquistato con i soldi della nonna, fosse proprio quello che avrebbe realizzato i nostri sempre più flebili desideri. Poi, quando anche l’ultimo numero estratto certificò il nostro ennesimo fallimento, ancora incoscienti del nostro destino cercammo di improvvisarci scaltri imprenditori che avrebbero dato una svolta a quel che rimaneva della nostra delirante ambizione.

- Il meccanico o il ristoratore! – sentenziavamo cercando di ridimensionare il nostro passato avvenire senza renderci conto che ancora l’illusione dominava la nostra pretenziosità. Ma ormai era troppo tardi e la realtà entrava senza bussare abbattendo la porta ormai marcia delle nostre improbabili aspirazioni. Tutto era perduto.

L’astronauta aveva visto la luna non dall’Apollo XI, ma dagli studi cinematografici di Hollywood; Paolo Rossi ed altri caduti Dei del pallone erano stati arrestati per essersi venduti; le grandiose rockstar devastate dagli eccessi di ogni esagerazione apparivano ai nostri occhi come patetici esempi da ritrovare nelle polverose agende di scuola; i nostri interessi politici sepolti e processati nella falsa ostentazione di moralizzare il male; i miliardi non accumulati scomparsi per sempre dalle nostre ragioni lasciavano il posto ai pochi spiccioli della sopravvivenza e il negozio che avremmo voluto ormai tristemente chiuso dopo un repentino fallimento.

Come spiegare oggi a Daniele che non è stato possibile fargli fare il pilota d’aereo e che quindi Annamaria non sarebbe stata la sua hostess per lo stesso inspiegabile motivo?

Cosa inventare ad Alessandra per rendere meno traumatizzante la spietata realtà che non l’ha voluta ne prima e nemmeno ultima ballerina della scala e che Fausto non ha potuto scrivere il suo entusiasmante articolo sul non avvenuto balletto semplicemente perché non fa il giornalista?

Chi salverà il gattino caduto nel fosso,visto che Salvatore non è riuscito a diventare un vigile del fuoco e che d'altronde anche Antonella,non essendo diventata veterinaria non ha potuto curare lo stesso gatto ormai morto da tempo?

Che fine avrà fatto il meraviglioso fumetto disegnato da Flavia?

Dove saranno finite le canzoni che Maurizio scriveva con il cuore?

E dove sono i sogni di ognuno di noi che cercavano ingenuamente solo di rispondere ad una domanda apparentemente lecita?

Sono tutti precari dell’ennesimo e famigerato call-center che sancisce ufficialmente l’inutilità di chiedere e chiederci “cosa faremo da grandi”. Tanto non lo saremo mai.

Speriamo solo che se avremo dei figli,avremo la forza e il coraggio per poter affermare con serena semplicità:

- Da grande figlio mio,sarai grande. - Che è già un ottimo risultato.


Maurizio Mura