mercoledì 28 luglio 2010

Ad occhi chiusi


Il mondo che vediamo è un mondo che non si può vedere. Ovunque si rivolga lo sguardo un imperante malcostume globalizzato, che avvilisce ogni predisposizione di civile convivenza, è ormai esploso in tutta la sua drammatica evidenza. I sistemi mediatici, rivolti costantemente alla spettacolarizzazione di primordiali comportamenti sociali che certificano l’appartenenza umana al regno animale, da una parte sfruttano commercialmente ogni penosa peculiarità antropologica e dall’altra influenzano e sollecitano ogni individuo ad uniformarsi alle richieste di consumismo occulto che ci vengono propinate da presunte ragioni di mercato. In tutto questo il dibattito presuntuosamente politico rappresenta perfettamente ogni anacronismo e paradosso che l’odierna civiltà, fondata solamente sull’egocentrismo più futile e inconcludente, vuole farci vedere come unico scopo universale. Cosicché non c’è da stupirsi se anche i ruoli istituzionali siano in preda ad un frenetico e avido bisogno di accaparrarsi ogni prodotto materialistico che certifichi l’utilità di qualsiasi mezzo utilizzato per raggiungere fini esclusivamente personali. Guardando la verità che noi stessi produciamo facciamo volentieri finta di scandalizzarci a qualunque notizia di inciviltà, corruzione, violenza e meschinità di ogni genere che, in fondo, raffigura perfettamente la società che abbiamo contribuito a sviluppare, per modo di dire. Tutto ciò in cui abbiamo convenientemente creduto oggi troneggia in bell’evidenza sullo specchio delle nostre innumerevoli e precise colpe. Eppure riusciamo ancora a guardarci in faccia e a simulare che l’immagine che riflettiamo sia quanto di più bello ed onesto siamo in grado di produrre. Ma i mass-media, non paghi, continuano inesorabilmente a mostrarci una realtà fittizia che ha nel suo unico intento quello di chiuderci definitivamente gli occhi e le coscienze e consentirci così di scaricare responsabilità che non abbiamo nessuna intenzione di assumerci. Tuttavia basterebbe guardarci intorno per renderci conto che la barbarie che vediamo negli altri è la stessa che manifestiamo anche noi appena l’occasione giusta ci dà l’impressione di essere conveniente. Con occhi spalancati e indifferenti sui peccati altrui, non vediamo l’ora di scagliarci contro la putrefazione che quotidianamente mortifica le nostre invidiose speranze economiche. Saremmo disposti anche a rispolverare antiche dottrine e la sempre comoda pena di morte nei confronti di quanti si sono macchiati, ben volentieri, dell’unico crimine che non saremo mai pronti a perdonare, salvo quei giustificati casi personali che non potevamo proprio evitare. Perché la corruzione e concussione degli altri, è frutto di un avida ed egoistica inciviltà priva di qualsivoglia alibi, mentre per l’avvocato difensore della nostra decomposta coscienza noi non abbiamo colpe e siamo soltanto vittime di un sistema che abbiamo trovato e non voluto e i nostri sbagli, sono solo il prodotto estremo della nostra immacolata sopravvivenza. La nostra indignazione violenta si scaglia contro tutti e nessuno impedendoci di ragionare ed agire correttamente, e il nervosismo che aleggia nei nostri cuori rischia perfino di non farci prendere sonno. Ma a questo punto è sera ed abbiamo già consumato una lauta cena che, forse, non ci siamo guadagnati onestamente; davanti a noi la televisione che blatera ripetitiva dell’ennesimo scandalo di tangenti e tangentisti stimola il nostro immeritato riposo. E’ tardi e il pensiero di tutti quei soldi che girano sempre nelle stesse mani, funge ottimamente da sonnifero e ci fa velocemente dimenticare chi siamo. Nel nostro torpore perenne, ogni sera, ci ripromettiamo ipocritamente di guardare verso quel’onestà sempre più utopistica, ed è così che lentamente, cullati dalla ninna nanna dei nostri futuri averi, chiudiamo per l’ennesima volta i nostri occhi ed andiamo a dormire. E buonanotte ai sognatori insonni.
Maurizio Mura

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