domenica 22 febbraio 2009

Diritti e Dritti


All’articolo numero 1 la costituzione italiana “recita” così: < L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro.> Almeno sulla carta.
Però un appunto ai “padri” fondatori della costituzione sarebbe il caso di farlo. Perché l’aleatorietà di questo articolo, così fondamentale in una sana ed onesta Repubblica, stride nettamente con la manifesta impossibilità del nostro territorio di produrre e garantire occupazione ai suoi cittadini. E’ inquietante pensare che si possa legiferare a favore di tematiche socialmente giuste ma dall’attuazione difficoltosa, se non assolutamente irrealizzabile. Da apprezzare certo il tentativo di spingere propositivamente la nuova “democrazia”, nata sulle ceneri fumanti della dittatura, verso la cultura del diritto e del rispetto dell’umanità tutta. Almeno sulla carta. Già, perché se l’istruzione del diritto è stata imposta “democraticamente” ai nostri padri, così non è avvenuto purtroppo nell’insegnamento del rispetto dei doveri, lasciato “democraticamente” all’onestà dei singoli cittadini-lavoratori che, memori dei loro trascorsi fascisti, hanno continuato e continuano ancora a farsi beffe di quell’onestà morale non contemplata dalla nostra giovane ma già preistorica costituzione. Eppure le regole che abbiamo voluto erano e sono tutt’ora valide, anche se difficilmente applicabili, e gli strumenti di tutela messi a disposizione del popolo dagli illuminati ma romantici costituzionalisti, presto si sono rivoltati contro lo stesso popolo, penalizzando di fatto chi di quella costituzione s’era creduto beneficiario. Il tutto almeno sulla carta. Difatti, per poter essere perseveranti fino in fondo, uno di questi strumenti a doppio taglio è il famigerato e mai troppo compreso “diritto di sciopero”.
Perché all’articolo 40 troviamo scritto così: < Il diritto di sciopero si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano.> Sempre sulla carta.
Ora, senza voler tediare nessuno, me compreso, in azzardate considerazioni sulla validità di queste italiche regolamentazioni, almeno una breve riflessione sulla gestione “democratica” di questi diritti dei presunti lavoratori, sarebbe il caso di farla, anche solo per tentare di resuscitare in noi neuroni prematuramente scomparsi. Da numerose stime precedenti, l’ultima a luglio 2008, risulterebbero essere il 37,1 % i dipendenti pubblici che, così come cita la costituzione, non < svolgono secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.> Quantomeno sulla carta. Poniamo ora in essere l’ipotesi che queste valutazioni statistiche abbiano una validità reale, a mio avviso per difetto, mettiamo pure che il pessimismo dei realisti e la faziosità degli analisti di settore strumentalizzino la libertà dell’opinione pubblica nel giudicare il malcostume che, ormai radicato, attanaglia la nostra Nazione, insomma valutando ogni presunta responsabilità dei presunti parassiti dell’amministrazione pubblica, non vogliamo e non dobbiamo dimenticare che, accettando a priori queste indagini, il 62,9 % dei dipendenti riconducibili allo Stato, a mio avviso per eccesso, svolge il proprio lavoro con presunta coscienza. Quindi sulla carta. Ma rivolgendo lo sguardo verso i diritti, un anomalia istituzionale evidente non dovrebbe passare inosservata. Difatti, sottolineando questa campanilistica incongruenza, verrebbe spontaneo domandarsi il perché uno Stato dovrebbe dare il diritto di sciopero a dei lavoratori che non svolgono il proprio lavoro. E’ come dare un premio a chi non ha partecipato, una medaglia al valore militare a chi non ha combattuto, una cattedra a chi non ha studiato, la patente a chi non ha guidato e potrei continuare all’infinito se mi guardo intorno. D'altronde è normale aspettarsi numerosi paradossi sociali se anche l’impianto sindacale è rivolto solo ed esclusivamente nella difesa dei loro pagatori associati, senza minimamente porsi la causa morale di tutelare e pretendere prima il rispetto dei doveri di chi “lavora”, indipendentemente dal beneficio che l’organo associativo ne ricavi. Ed è qui che il paradosso si compie in tutta la sua stravagante bellezza moderna. Lo Stato fornisce ai cittadini lo strumento dei diritti che verranno sistematicamente utilizzati contro lo Stato, a volte anche dallo Stato stesso. Perdonate lo scioglilingua. Ricapitolando, stiamo vivendo in una Nazione in cui tutto lotta contro la Nazione, con leggi inattuabili, con diritti incontrollabili, con l’ignoranza dei doveri civili, con l’abbandono delle educazioni sociali, con l’inconsistenza degli organi politici e basta, che se no. Viviamo sotto la minaccia di continui scioperi della sanità! della scuola! dei trasporti! degli aerei! dei ricercatori! gli anestesisti!! delle poste!!! Ma abbiamo i nostri diritti e sappiamo che è giusto. Sappiamo che noi difendiamo i nostri diritti. E poi sappiamo che se andiamo all’ospedale troveremo il rispetto dei nostri diritti, anche perché ci lavora un’amica mia, e che se andiamo a scuola troveremo il rispetto dei nostri diritti in un ambiente adatto all’istruzione, tanto ci lavora mio padre da una vita, e se prendiamo i mezzi pubblici troveremo il rispetto dei nostri diritti respirando meglio ed arrivando puntuali e rilassati, anche perché mio cugino che guida la metropolitana mi fa entrare in cabina, e se prendiamo l’Alitalia troveremo il rispetto dei nostri diritti volando meglio che nelle altre compagnie perché i piloti sono i più pagati, avevo fatto una richiesta di assunzione ma non me lo potevo permettere, e se andiamo dai sindacati troveremo il rispetto dei nostri diritti e una pronta disponibilità ad intervenire, tanto pago tutti gli anni la tessera associativa, e se andiamo... Ma dove diavolo andiamo?! Tanto è tutto sulla carta. Una carta che è la più importante del gioco costituzionale che ci unisce, almeno sulla carta, che ognuno di noi possiede e che appena può è pronto a rinnegare. Si può anche manifestare o scioperare contro questo o contro quella, è un diritto, ma solo nei giorni feriali e se non piove; si può scendere in piazza tutti uniti per la pace e magari tirare anche qualche molotov se è nei giorni pagati e ci uniamo agli studenti che non sono andati a scuola, e siamo pronti a mettere l’embargo per i paesi aggressori se la guerra non viene di natale o capodanno o ancor peggio alla befana che ci sono i regali. Presto saremo pronti, pronti ad abbandonare l’articolo 1 per usufruire dell’articolo 40 per difendere quelle popolazioni che non sono fortunate come noi che possiamo sempre nasconderci dietro i nostri diritti. Faremo barricate per difendere i diritti di tutti, e magari pure di Totti, purché però non ci sia di mezzo una partita, una domenica, una festività. Presto. Appena tornerà il seme malefico del dovere a battere sulla nostra coscienza useremo il Jolly dei nostri diritti, cosicché da lavoratori ci si trasformeremo in dritti.
Ma solo sulla carta.


Maurizio Mura

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