sabato 21 febbraio 2009

Il futuro negato



- Cosa vuoi fare da grande? – ci chiedevano genitori e parentame vario fino a qualche tempo fa. Ognuno rispondeva seguendo le proprie inclinazioni e desideri, sospinto anche dalle sempre più pressanti influenze mediatiche che già in tenera età ne ingigantivano le presunte, indispensabili esigenze materiali. Cosicché anche le risposte in merito a questa quasi inutile domanda, assumevano varie forme e colori a seconda dei costumi in voga negli anni della nostra illusa infanzia.

- L’astronauta! – rispondevamo spalancando gli occhi di fronte alle immagini di Armstrong che volteggiava tra lo spazio e il suolo lunare. Visioni galleggianti che hanno segnato il nostro futuro procrastinandone i desideri, che a qualunque costo credevamo, presto avremmo soddisfatto. Così ci siamo organizzati per variare di volta in volta i nostri sogni, ingannando l’evidenza della realtà con la forza dell’incoscienza giovanile. Abbiamo passato indenni e per fortuna gli anni della contestazione politica che solo strumentalmente fu giovanile, dirigendo le nostre speranze verso equivoci paradisi sportivi, abbagliati da un tubo catodico che ne ingigantiva gli eroi rendendoli falsamente divini. Eravamo già cresciutelli, ma nulla ci vietava di voler diventare Paolo Rossi, anche se era chiaramente evidente che, per i nostri piedi di piombo, non lo saremmo mai stati. Pertanto abbiamo optato nel volerci riconoscere a tutti i costi con i nostri beniamini musicali, assumendone atteggiamenti e costumi che palesemente non ci appartenevano se non per poter rispondere convinti alla solita, insulsa domanda.

- La rockstar! – dichiaravamo enfatici e dimenticanti della nostra stridula verità di essere stonati financo nel battere le mani. E intanto gli anni passavano e noi sempre lì a cercare qualcosa in cui riconoscerci per poterci aggrappare le nostre tardive speranze. D’altronde eravamo ancora in età scolare, e quindi giustificati nelle nostre boriose ambizioni, che documentavamo grazie alla raggiunta età della ragione che ci dava il supremo diritto di non ragionare affatto. Era il tempo della prepotente sicurezza di avere le idee chiare, salvo angosciarci nell’intimo se la stessa e insistente domanda ci veniva posta non più come senso interrogativo dovuto alla curiosità, ma dal pressante bisogno di un indirizzo certo che garantisse la nostra sopravvivenza futura. Ed è in questo periodo che la contestazione a priori possedeva il nostro spirito facendoci rispondere di tutto ed il suo contrario, passando velocemente dal politico al sindacalista, dal pacifista al terrorista, per poi finire nella convinzione del menefreghista. Poi giunse il momento in cui le domande che ci porgevano gentili coloro che cercavano di preoccuparsi per noi, non raggiungevano le nostre occluse orecchie in cui rimbombavano ancora le nostre sicure insicurezze di non aver nulla da fare. Quindi, trascinati volentieri dalla nostra stessa indolenza, ci tuffammo a tutto corpo nel malsano regno dell’assurdo per tentare di lavare nell’oblio dell’inconcludenza i nostri sogni infranti.

- Il miliardario! – affermavamo convinti che il biglietto dell’ennesima lotteria, acquistato con i soldi della nonna, fosse proprio quello che avrebbe realizzato i nostri sempre più flebili desideri. Poi, quando anche l’ultimo numero estratto certificò il nostro ennesimo fallimento, ancora incoscienti del nostro destino cercammo di improvvisarci scaltri imprenditori che avrebbero dato una svolta a quel che rimaneva della nostra delirante ambizione.

- Il meccanico o il ristoratore! – sentenziavamo cercando di ridimensionare il nostro passato avvenire senza renderci conto che ancora l’illusione dominava la nostra pretenziosità. Ma ormai era troppo tardi e la realtà entrava senza bussare abbattendo la porta ormai marcia delle nostre improbabili aspirazioni. Tutto era perduto.

L’astronauta aveva visto la luna non dall’Apollo XI, ma dagli studi cinematografici di Hollywood; Paolo Rossi ed altri caduti Dei del pallone erano stati arrestati per essersi venduti; le grandiose rockstar devastate dagli eccessi di ogni esagerazione apparivano ai nostri occhi come patetici esempi da ritrovare nelle polverose agende di scuola; i nostri interessi politici sepolti e processati nella falsa ostentazione di moralizzare il male; i miliardi non accumulati scomparsi per sempre dalle nostre ragioni lasciavano il posto ai pochi spiccioli della sopravvivenza e il negozio che avremmo voluto ormai tristemente chiuso dopo un repentino fallimento.

Come spiegare oggi a Daniele che non è stato possibile fargli fare il pilota d’aereo e che quindi Annamaria non sarebbe stata la sua hostess per lo stesso inspiegabile motivo?

Cosa inventare ad Alessandra per rendere meno traumatizzante la spietata realtà che non l’ha voluta ne prima e nemmeno ultima ballerina della scala e che Fausto non ha potuto scrivere il suo entusiasmante articolo sul non avvenuto balletto semplicemente perché non fa il giornalista?

Chi salverà il gattino caduto nel fosso,visto che Salvatore non è riuscito a diventare un vigile del fuoco e che d'altronde anche Antonella,non essendo diventata veterinaria non ha potuto curare lo stesso gatto ormai morto da tempo?

Che fine avrà fatto il meraviglioso fumetto disegnato da Flavia?

Dove saranno finite le canzoni che Maurizio scriveva con il cuore?

E dove sono i sogni di ognuno di noi che cercavano ingenuamente solo di rispondere ad una domanda apparentemente lecita?

Sono tutti precari dell’ennesimo e famigerato call-center che sancisce ufficialmente l’inutilità di chiedere e chiederci “cosa faremo da grandi”. Tanto non lo saremo mai.

Speriamo solo che se avremo dei figli,avremo la forza e il coraggio per poter affermare con serena semplicità:

- Da grande figlio mio,sarai grande. - Che è già un ottimo risultato.


Maurizio Mura



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