venerdì 28 agosto 2009

Madonna che silenzio c'è stasera


“O tu vinci al totocalcio, o tu sposti una chiesa, o tu te ne vai in Perù.” Queste le drammatiche possibilità che, forse l’ultimo poeta della cinematografia italiana, continuava a ripetere in un suo film degli anni ’80, amaramente pregustando un futuro che ormai appartiene a tutti noi e che opprime ogni opportunità sociale ed ogni riconduzione umanitaria. La metafora che Francesco Nuti portò sullo schermo in quella che fu la sua prima opera da solista e che gli diede la spinta decisiva per farsi conoscere dal grande pubblico, aveva nella sceneggiatura, scritta dallo stesso Nuti e da Elvio Porta, l’angoscia tutt’ora attuale di chi avvertiva prima di molti la necessità di condividere con sincerità e sentimento, la voglia di combattere contro un male che nessun dottore o medicinale potrà mai curare: la solitudine. Il mondo di oggi, con tutte le sue pragmatiche tecnologie, rivolge le sue numerose ricerche in ogni ambito: medico, nucleare, alimentare, meccanico, militare ed estetico, spendendo i profitti dell’umanità per generare altri profitti ed ottenere complessi percorsi che invariabilmente riconducono l’uomo a vecchie e nuove solitudini. Anche la creazione dei nuovi sistemi di comunicazione, dalle agenzie matrimoniali ad ogni sorta di Facebook, hanno come loro scopi principali lo sfruttamento monetario del disagio sociale e l’opportunismo mediatico pubblicitario. Tutti rivolgono i loro famelici sguardi verso facili e convenienti relazioni d’amicizia, d’amore e, sempre più spesso, familiari, pur di poter avere a disposizione quei beni materiali che illudono possano portare un miglioramento sostanziale della nostra sempre più precaria esistenza. Qualcuno ancora tenta di osteggiare questo stato di cose e lotta affinché non prevalgano valori che facciano dell’umanità un becero mercato di sentimenti. Francesco Nuti in questo è stato un precursore attento e puntuale nel mettere in risalto ciò che oggi appare seriamente evidente. In tutti i suoi film emerge con prepotenza la necessità ed urgenza di prendere in attenta considerazione tutti i disturbi che questa meschina società sta costruendo con il suo qualunquismo sociale. Grazie anche al suo pensiero sarebbe facile capire a quali disagi possa portare la solitudine e la rinuncia di ogni prerogativa umanitaria e il mercato cinematografico, adeguandosi perfettamente a questa assurda società, ha contrastato e a volte impedito a tutti quegli artisti che, come Nuti, puntavano il dito contro ognuno di noi sottolineando l’assurdità egoistica che ci pervade. Però l’emarginazione che ci accompagna è sempre più alimentata da noi stessi che non vogliamo riconoscere il distacco progressivo dai sentimenti gratuiti. Siamo tutti pronti e vogliosi a denunciare l’abbandono di ogni animale, pianta, minerale, o di favolose quanto decrepite architetture, ma non ci accorgiamo che l’uomo è già stato lasciato a se stesso e che presto non ci sarà più spazio nei nostri interessi se non per qualcosa che ci riguarda direttamente. Quando saremo soli ci accorgeremo che qualcosa ci è sfuggito e ci ha depredato e non ci soddisferanno più le chimere dei vari reality-farsa e delle mille lotterie martellanti. La falsa ideologia che i neo poteri dittatoriali stanno subliminalmente inculcando nei resti del nostro convinto cervello, sta velocemente modificando le nostre ambizioni e speranze di umanità sociale. Lentamente ed inesorabilmente il nuovo credo, alimentato sempre più dai nostri continui egoismi, crea lotte senza fine tra gli esseri un tempo umani al fine di generare incondivisibili interessi che produrranno ulteriori egoismi. Questa dottrina, semplice ed enigmatica, è un attentato alla natura dell’uomo: con la solitudine ci dividono, con il denaro ci governano. E quando qualche combattente della filosofia, letteratura o della cinematografia tenta di segnalare questo stato di cose, il regime che ognuno di noi ha scelto andando a votare si adopera alacremente per ridicolizzare ed annientare quanti, come Francesco Nuti, hanno deciso di non far finta di niente. Per questo si è tentato di eliminare uno scomodo poeta che con gentilezza raccontava il dramma delle solitudini causate dal materialismo, imputandogli l’incomprensibilità delle sue sceneggiature, l’allungamento dei tempi di ripresa e, cosa inaccettabile, l’uso eccessivo di alcol anche in luoghi pubblici. In un mondo come questo, in un’Italia come questa, è veramente un miracolo che ci sia ancora qualcuno che, assecondando le sue stravaganze, riesce a farci capire che la direzione indicata negli ultimi decenni dai concetti del libero mercato è sicuramente quella che porterà il nostro corpo e la nostra mente in un oblio dorato dai beni di consumo e verso una diffidenza totalitaria che ci lascerà inesorabilmente soli. Caro Francesco, Madonna che silenzio c’è anche stasera.
Maurizio Mura

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