venerdì 17 aprile 2009

L’anacronistico ritorno ipocrita del neo ‘68ismo


C’è fermento nell’aria un po’ dovunque, in Italia e nel Mondo. Magari sarà anche questa volta soltanto aria fritta. Magari sarà solo un romantico rincorrersi di ciò che socialmente è stato. Magari sarà ancora una nuova strumentalizzazione politica o, molto più probabilmente, l’ennesima moda facinorosa che prende spunto dagli innumerevoli e mai risolti disagi sociali. D'altronde le elezioni politiche europee sono ormai alle porte e, visto l’evidente crisi d’identità e di credibilità delle sinistre ormai globalizzate, forse sperano con quest’ultimo colpo di coda che possa servire a ridare una dignità competente ed una coerenza storica che tenga finalmente conto delle prerogative umanitarie e sociali che caratterizzavano in origine la maggior parte delle ideologie pseudo illuministiche. L’abbandono progressivo del pensiero social-democratico dei nuovi politici trae oggi il suo spunto, malevolo ed epidemico, dall’inaffidabilità umana nel saper mantenere ed alimentare tematiche concettualmente indiscutibili. Non c’è da stupirsi quindi se questi neo movimenti di protesta, ormai unicamente settoriali, abbiano stancato la popolazione che anzi guarda sempre più con diffidenza a questo forzato ritorno del borghesismo rivoluzionario già certificato nel suo fallimento postumo ma incontrovertibile. I moti progressisti che si svilupparono nel lontano 1968, ciclicamente riprendono vigore basandosi opportunamente nel fomentare masse ancora informi di giovani facilmente direzionabili in quella sempre verde utopia di un Mondo migliore. Eppure, nonostante gli sforzi interessati delle parti politiche che tentano a più riprese di riorganizzarsi, i risultati rimangono sempre più modesti e ridimensionati nel pensiero costruttivo e nella forza numerica. La cultura, l’informazione e la campagna stampa faziosa per diritto, che fin dal dopo guerra sono state un baluardo su cui fondare e diffondere le motivazioni dottrinali, oggi, dopo 40 anni di esperienza ed altrettanti fallimenti, mancano di senso pratico e di una reale considerazione del presente. L’oscurantismo mediatico e partitocratico del passato non doveva e non voleva tenere conto di quanti, pochissimi in realtà, fossero realmente al corrente delle loro più meschine intenzioni. Ma oggi è quantomeno poco intelligente non riflettere sul fatto che ormai chiunque nel mondo è coscientemente al corrente che quegli stessi uomini, che in apparenza lottarono credendo nelle loro convinzioni, sono stati e sono ancora i principali responsabili dei disastri umanitari degli ultimi 30 anni. Attualmente i nomi di questi personaggi, ventenni circa nel decennio ‘68/’78, sono riportati in ogni testo, volume e giornale pubblicato finora; e poi Internet, con la sua rete informatica mondiale, ha definitivamente reso vano ogni tentativo degli stessi di nascondersi e di non farsi riconoscere. Da riconoscere invece che oggi come allora i segretari dei partiti di “movimento popolare” sanno come spronare gli interessati a “scendere in piazza”, ma forse non si sono ancora resi conto bene che “l’unione popolare” disgregandosi sta, in questo sì progressivamente, perdendo numericamente i pezzi; il che si traduce in un volume sempre più minore di cittadini coinvolti e ancor più esigui sono quelli che ci credono veramente. Ma, nonostante le penose spiegazioni da ogni parte che ci vedono o “influenzati mediaticamente” o “idioti deliberati”, come dare torto alle nuove generazioni di ventenni che guardano i loro rappresentanti ideologici, arricchiti e patetici, con occhi diffidenti e consapevoli dell’ipocrisia delle loro retoriche parole? E come convincere quarantenni e cinquantenni che l’uguaglianza sociale è ancora possibile ma di fatto irrealizzabile perché nessuno di questi esimi “pensatori” intende assolutamente rinunciare a quei privilegi che loro hanno preteso e determinato con leggi “ad personam superioris”? Difficile, se non impossibile, recuperare credibilità agli occhi di un’avanguardia popolar-operaia che ha potuto constatare drammaticamente le motivazioni reali che spingevano e spingono questi uomini a far scempio delle loro prerogative ancestrali. Moltitudini di questi benpensanti coinvolti nei dissesti fraudolenti dei sistemi Bancari, Assicurativi, Borsistici ed Industriali, se ne stanno ancora lì davanti ai nostri occhi a sviscerare tematiche sociali alle quali loro stessi non credono più. Ma con un ultima, disperata astuzia politica, vogliono nuovamente farci credere che il cambiamento è possibile e che, sebbene loro si siano lasciati divorare dalle loro mega ville sociali, dai loro stipendi collettivi ingiustificatamente milionari, dalle loro industrie di utilità sociale continuamente sovvenzionate dallo Stato, dagli affitti irrisori dei loro palazzi comuni mafiosamente auto assegnati, dalle continue raccomandazioni sociali dei loro inetti collaboratori e dalle loro riverenze servili ai multiproprietari proletari di ogni settore, se dimentichiamo i panfili da cui ci dirigono e ci lasciamo condurre al pascolo della piazza con manifestazioni popolari a tutela dei loro infiniti e volubili interessi, tutti potremmo avere l’opportunità di costruire quella giustizia ed equità sociale a cui loro si sottraggono in ogni modo.
C’è fermento nell’aria ma non lasciamoci impressionare,è solo un venticello leggero che molto presto si placherà.

Maurizio Mura

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