sabato 25 aprile 2009

Malato terminale aspettando Godot


Siamo agli sgoccioli. Manca poco ormai. L’ingloriosa fine, annunciata da decenni, del teatro italiano, è una realtà drammaticamente irreversibile. A nulla sono valsi gli interventi d’urgenza di quelli che si ritengono i ‘luminari del palcoscenico’. Sono accorsi al capezzale del moribondo solo per avere certezza di trovare una loro traccia nel testamento e quindi dividersi la copiosa eredità. Ma è stato vano ogni tentativo di rianimare il paziente, il teatro italiano appunto, praticandogli endovena trasfusioni in forma liquida dei finanziamenti. Di quelle disciolte flebo, però, ne ha ricevuta solo una piccola dose del tutto insufficiente a salvarlo. Inutili poi, ed inutilizzabili tutte le manifestazioni di solidarietà dimostrata dagli appassionati e dai veri lavoratori del settore. Malato ormai da troppo tempo di opportunismo culturale, che ne ha via via indebolito l’organismo, continuamente infettato dai numerosi virus esterni provenienti dalle malsane terre della televisione, umiliato da innumerevoli metastasi tumorali che hanno trasformato i suoi spazi vitali in maleodoranti sale giochi, bingo e supermercati, abbandonato alle cure approssimative somministrate da scaltri autori senza scrupoli il cui unico interesse era, ed ancor più è l’immeritata ed onerosa parcella dovuta dei diritti d’autore. Nondimeno si può dire che i primari della produzione teatrale abbiano meno responsabilità per questo prossimo e colpevole decesso. Dimenticando volentieri gli antichi ideali e seppellendo la loro coscienza deontologica, producono e promuovono solo gli ormai mummificati testi del passato per lanciare in uno sterile tirocinio i loro protetti assistenti, anestesisti, infermieri e medici molto generici, che nonostante la loro presenza in sala operatoria non si discuta neanche, si guardano bene dall’operare un paziente di cui nulla conoscono e specialmente, che non vogliono conoscere.
Il nostro malato terminale rimane, a questo punto, fisso in sala operatoria. Cercando, sperando ed allo tempo stesso morendo in attesa di un mirabile ‘Godot’ che riesca a licenziare l’infinita schiera di parassiti e germi e che premurosamente, ma ancor più urgentemente, voglia trovare un vaccino alternativo che allo stato delle cose sembra impossibile. Già, perché l’imminenza della tragedia e la fatalità di una manchevole cura è stata determinata con una serie di analisi per nulla approfondite, richieste dagli stessi colpevoli primari. Alcuni volontari, eroici ed illusi al tempo stesso, continuano a vegliare il moribondo nel generoso tentativo di alleviare la continua sofferenza che lo avvicina sempre più alla fine. Onore a questi baldi incoscienti che rimangono gli ultimi ad amare veramente il teatro e che ogni giorno si prodigano per portare sul suo letto di morte una nuova speranza e iniezioni plurivitaminiche di nuove idee, nuovi testi, nuove promesse. Ma l’orgoglio della loro perseveranza rimane in sostanza un flebile palliativo, che nulla potrà contro le lobby degli intrecci economici e politici che restano saldamente nelle mani di voraci medici-produttori i quali continuano a somministrare al nostro amato paziente la loro cura velenosa, consapevoli che di questa egli perirà. E a noi atei, volontari per passione, non rimarrà che una patetica veglia di preghiera, affinché almeno la giustizia divina possa porre fine alle sue sofferenze. Perché le torture che continua a subire fanno male anche a chi lo ama. Il teatro sta morendo, lasciando in eredità un monito di preoccupazione per gli altri pazienti ricoverati nello stesso reparto e ci ha chiesto di fare in modo, prima che sia troppo tardi, che tutti sappiano che questi stessi medici stanno curando nei loro nosocomi-lager anche cinema, letteratura, pittura, scultura e tutte le forme di arte. L’irreversibile agonia del teatro sia di ammonimento per ciò che resta della moribonda cultura italiana.

Maurizio Mura

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