mercoledì 25 marzo 2009

Elogio alla stupidità



E’ quasi passato un decennio dall’inizio del terzo millennio e a 2009 anni dalla morte di Cristo il tempo civile sembra essersi fermato nella preistoria antecedente la nascita del Nazareno. Non sono serviti all’uomo i primi “futuristi” del pensiero greco-romano che tentarono di illuminare il percorso intrapreso dai pochi filosofi che cercavano nell’intelletto una chiara ed indiscutibile riconduzione al Divino; né esito migliore hanno avuto gli scritti illuministici del ‘700, né le saggezze comuni tramandate ai posteri nel tentativo di regolamentare le coscienze del feroce animale chiamato “uomo”. La nostra evoluzione spirituale, forgiata nell’orrore e nel dolore della nostra storia, è bloccata in un tempo sconosciuto ed ancestrale che trattiene senza sforzi minimi i nostri passi verso il rispetto primario dei nostri, ancorché stupidi, simili. A nulla sono valse le informazioni avute negli ultimi due secoli di documentate scelleratezze umane in ogni ambito. L’inciviltà si nutre, sin dalla notte dei tempi, delle più meschine idiozie, sviluppate e continuamente alimentate proprio nei settori cardine delle mancate società civili. La stupidità del nostro finto stupore di fronte alle evidenti, ma mai riconosciute, responsabilità di perfidia sociale fanno di noi un mostro barbaro che combatte contro mulini a vento edificati e posti a simbolo della nostra presunta civile convivenza. “Convivenza”, ecco una parola ormai priva di qualsiasi riferimento o significato attendibile, che quasi sempre trova il suo compimento inutile nell’unione con un altro inaffidabile vocabolo: “civile”, termine relegato fin dalla sua nascita nell’oblio oscuro della retorica teorica. L’ipocrisia che l’umanità utilizza per gestire la sua immensa predisposizione alla stupidità sociale viene continuamente alimentata nei compartimenti di collegamento tra la morale comune e gli interessi privati, al solo scopo di deresponsabilizzare i singoli e colpevolizzare qualsiasi capro espiatorio disponibile nei paraggi. Chiunque può essere utilizzato a tale scopo perché l’unico requisito richiesto è che si assuma la grave colpa delle nostre irresponsabili inciviltà; in ogni dove dilaga l’arroganza nelle comunicazioni interpersonali condite, sempre più volentieri, da mal represse aggressività sociali ed indotte tolleranze culturali che attendono solo di poter sfociare, con tutta la loro naturalezza del primitivo istinto, in assurdi pretesti di incivile convivenza. L’evidente deterioramento dell’unione antropologica e l’abbandono progressivo di ogni velleità comunitaria, ha ormai determinato quale pericoloso percorso sia stato intrapreso dal “moderno” homo consumisticus. Con il tipico sguardo ebete perso nel vuoto di un becero egocentrismo, ci dirigiamo, convinti e claudicanti, verso l’inevitabile traguardo dell’assolutismo intollerante. L’evidente uniformità di comportamento antisociale si manifesta brutalmente in ogni campo e in tutte le latitudini, rendendo chiunque vittima e carnefice al di là di ogni considerazione di classe. L’angoscia che avvertiamo ogni qual volta i mezzi di informazione sottolineano la nostra ed altrui violenza, ci vede sempre ipocritamente oltraggiati nella nostra permalosità di non voler accettare il fatto compiuto che tutti percepiscono un’innata avversione nei confronti di ogni entità vivente. La diffidenza imperante di ogni diversità ha già coinvolto qualsiasi parte ed è drammaticamente quotidiano l’avverarsi di tragedie che ci vedono protagonisti nel bene o nel male. Abbiamo dimenticato il concetto di luogo sicuro grazie alla consapevolezza effettiva che la stupidità non ha bisogno di luoghi riconoscibili. Quindi ci impegniamo costantemente a garantire la nostra idiozia soprattutto quando si tratta di gestire con educazione ed umanità la convivenza sociale, sia che ci sia stata imposta o scelta dal nostro intollerabile destino. Non ci è richiesto, altresì, di utilizzare ogni grado intellettivo disponibile per cercare una duratura pace sociale, tutt’altro: il libero arbitrio di cui spesso abusiamo nel rapportarci con il prossimo garantisce almeno una sorta di varietà di attitudini malsane che ci consentono di non annoiarci. Ossia: preferiamo essere stupidi che annoiati. E allora viva gli stupidi, gloria agli idioti ed onore ai cretini. In famiglia, sul posto di lavoro, nelle istituzioni, nella cultura e nell’arte, nelle relazioni interpersonali e nelle forzate convivenze, è tutto un diffondersi di idiozie imperanti che trovano valide motivazioni solo nei compressi interessi personali. Interessi che questa presunta democrazia vuole e deve tutelare per poter gestire nel migliore dei modi lo sfruttamento che ne consegue. Se solo provassimo ad immaginare una vera società civile dovremmo anche considerare i vari settori che subirebbero un repentino fallimento. Milioni di posti di lavoro nell’avvocatura, magistratura, forze dell’ordine, assicurativo e bancario, legislativo e a tutela dei diritti e in molti altri ancora a rischio licenziamento perenne per mancanza di opportunità contrattuali. Ma il mondo, previdente e responsabile, non farà mai mancare la materia prima fonte di tanto benessere e, giustamente ipocrita, produrrà idioti sempre in maggiore quantità e qualità, così da garantirsi un futuro sicuro lontano da ogni intelligenza sociale. Evviva gli idioti, evviva noi.


Maurizio Mura

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